Quando la mente ritorna a quei tragici eventi che tutti associamo alla parola Olocausto o Shoah, pensiamo a immagini in bianco e nero, con spaventose sfumature di grigio che rimandano a polvere, righe zebrate e… cenere.
Ma il colore, invece, c’era, eccome; serviva a classificare, o meglio, ad etichettare esseri umani spogliati di vita e dignità, sterminando “razze” considerate indegne di far parte di quella società “evoluta” che aveva optato per la “soluzione finale”.
Gli “asociali” erano le persone con handicap, gli omosessuali, i malati di mente, tutt* coloro, insomma, che non erano degni di occupare un posto nella società e per questo potevano essere eliminat*. Il loro colore era il nero.
Ad ogni triangolino colorato corrispondeva uno status che per i nazisti era un espediente per sterminare. Il colore era un’arma letale per mantenere il controllo assoluto su esseri umani da parte di entità disumane.







